Un po’ per nascita un po’ per vocazione, da sempre sono attirata dalla Magia; non quella fatta di streghe e superstizioni ma quella che riguarda miti, leggende e misteri. E quando viaggio cerco di carpire i segreti del luogo che mi ospita, soprattutto quando un Città condivide con Torino uno dei vertici del triangolo della Magia bianca: Praga.
La mia ultima visita risale a subito prima che fosse afflitta dall’alluvione e l’ho sempre voluta ammirare in inverno, quando il freddo è talmente rigido da trasformare tutto in bianco per il gelo e non per la neve. Quando le strade sono così lisce e scivolose da sembrare specchi, quando è possibile che si congeli il tasto della macchina fotografica e si deve entrare nei negozi facendo finta di interessarsi ai gadget turistici per riattivare la circolazione delle mani che è rallentata, malgrado i guanti.
Non è difficile farsi trasportare in una dimensione senza tempo e ritrovarsi a vagare sulle tristi sponde della Moldava dalla superficie congelata, nel vicolo degli alchimisti o su per la strada che conduce al Castello.
Ricca di palazzi rinascimentali e chiese barocche sembra raccontare ad ogni angolo una storia, rivelata da uno dei tanti fantasmi che qui sono rimasti imprigionati nel corso dei secoli.
Il simbolo di Praga è l’astrolabio (strumento medioevale per la determinazione della posizione delle stelle) che è posto sulla facciata del Municipio nello Stare Mesto, la Città Vecchia.
Costruito da un maestro d’orologeria e da un matematico, pare che fu migliorato nel XV secolo da Hanus De Ruze.
Tre sono gli elementi principali che lo compongono: il quadrante astronomico sul quale vengono indicate le posizioni del Sole e della Luna, il meccanismo che ad ogni ora mette in moto le statuette dei dodici Apostoli e i dodici medaglioni sul quadrante inferiore che rappresentano i mesi dell’anno.
E’ un’opera complessa e meravigliosa tanto che, narra la leggenda, per evitare potesse essere realizzato un orologio di maggior bellezza alcuni consiglieri decisero di far accecare il povero Hanus De Ruze, impedendogli così di progettare qualcosa di nuovo. Il Maestro, però, si volle vendicare danneggiando l’orologio in modo tale che per molti anni nessuno fu mai in grado di ripararlo.
Altra leggenda è quella riguarda la casa al numero 40-41 di Karlovo Namesti, la casa che sembra fosse stata abitata dal Dottor Faust all’epoca del suo patto con il Diavolo.
Bersaglio di una maledizione, si dice che chi la abita rischi di scomparire senza lasciare tracce.
Da un buco nel tetto, poi, pare vi entrino i Vodnik: i folletti delle acque che vivono nelle vicinanze dei ponti sulla Moldava. Avendo questi spiritelli l’abitudine di raccogliere nelle vecchie pentole le anime delle persone affogate, non risultano simpatici ai praghesi che, spesso, li usano come spauracchi per convincere i bambini a non avvicinarsi troppo al fiume.
Il clima invernale e la luce che illumina la Città in questo periodo sono sicuramente un incentivo a scovare nuove storie misteriose per poi sedersi a bere un ristoratore the bollente in una piccola Tea House gestita da un simpatico ragazzo inglese che mi racconta un po’ di sé sbucciando una mela verde.
Commenti Recenti